14 novembre 2024

Aftersun (2022)

 


Aftersun
Regia: Charlotte Wells
Con Francesca Corio, Paul Mescal, Celia Rowlson-Hall
Gran Bretagna, USA, 2022

Aftersun, sceneggiato e diretto dalla quasi esordiente Charlotte Wells, è un film all'apparenza lineare e minimale. Ambientato in Turchia negli anni Novanta in un albergo simile a un villaggio turistico, ha come protagonisti un padre appena trentenne (interpretato da Paul Mescal) e la figlia di undici anni (la bravissima Frankie Corio), e narra la loro vacanza apparentemente spensierata, fra immersioni subacquee, nuotate in piscina, serate passate cantando al karaoke e tanti altri passatempi.
La vacanza è mostrata sotto forma di ricordo da parte della figlia ormai trentenne, che nel passato ripensa a quelle giornate assieme al padre. Siccome durante la vacanza i due avevano con loro una videocamera digitale usata spesso dalla figlia, la ragazza trentenne ha quel materiale visivo a fare da ossatura ai suoi ricordi, che come detto danno vita a una storia apparentemente lineare.
Il primo merito della regista e sceneggiatrice è di essere riuscita a fare sì che il resoconto di una banale vacanza al mare riesca a reggere tutta la pellicola. Il secondo merito è di avere messo in crisi questa linearità e banalità con pochi tocchi.
Innanzitutto la semplicità della trama portante è incrinata da un piccolo stratagemma della sceneggiatura. Siccome le vite dei due protagonisti sono mostrate "in diretta" e "in media res", non c'è nessuno spiegone su chi sono, che vite conducono e cosa è successo in precedenza. Ogni tanto viene inserito con naturalezza un accenno al loro passato e al loro rapporto, ma sta allo spettatore unire i fili e orientarsi.
Ma ciò che davvero scardina la semplicità del film è l'inserimento in più occasioni di brevi sequenze ambientate in una discoteca buia e illuminata ritmicamente da luci stroboscopiche, nella quale ballano il padre e la figlia all'età di trent'anni, lui disorientato e forse drogato e lei incapace di raggiungerlo a causa della folla. Va notato inoltre che al termine del film padre e figlia si separano nell'aeroporto e lui imbocca un corridoio al termine del quale c'è una porta che si apre sulla misteriosa pista da ballo. Altrettanto misteriosa è una sequenza in cui il padre, in piena notte alla vigilia del ritorno a casa, va a piedi in spiaggia ed entra nell'acqua, avvolto dal buio.
Naturalmente le sequenze ambientate in discoteca non sono collocabili sul piano del reale, e vanno invece lette come delle metafore. Da piccoli indizi seminati lungo il film si intuisce che probabilmente il padre soffre di depressione, e che dopo la vacanza la figlia non lo vedrà più. Le sequenze nella pista da ballo suggeriscono l'angoscia della figlia trentenne, impossibilitata a riabbracciare il padre. Può darsi che la metafora abbia la forma di una pista da ballo perché durante la loro ultima notte assieme nel villaggio turistico lei si è rifiutata di ballare con lui, non sapendo che non avrebbe più avuto altre occasioni.
Che fine ha fatto il padre dopo la vacanza? Perché la figlia non lo ha più rivisto? Non viene detto in modo esplicito. Io ho un'opinione che è frutto di un'interpretazione del tutto soggettiva. A mio parere il padre muore suicida tuffandosi di notte nel mare. Sebbene la figlia lo ritrovi addormentato nella loro camera all'alba del giorno dopo, si tratta di un falso ricordo creato per negare la realtà. Non a caso lei lo copre con un lenzuolo bianco e successivamente si separano all'imbarco in aeroporto: lei sull'aereo e lui verso la sala da ballo. Ma è solo un'opinione personale, dovuta al fatto che il film lascia volutamente allo spettatore dei margini di manovra.
Aftersun, interpretato da due grandi attori, è un film dal doppio volto, sull'educazione sentimentale e sessuale della ragazzina e sulla depressione nascosta e invisibile del padre, frutto di un lavoro attento e curato in tutti i dettagli da parte di un'ottima regista al suo primo lungometraggio.

12 novembre 2024

Mr. Bean's Holiday (2007)

 


 Mr. Bean's Holiday
Regia: Steve Bendelack
Con Rowan Atkinson, Willem Dafoe, Emma de Caunes, Jean Rochefort
Gran Bretagna, 2007

Mr. Bean lascia la Gran Bretagna per fare una vacanza in Francia, che attraversa in modo maldestro fino alla costa mediterranea dove riesce a intrufolarsi nientemeno che al Festival di Cannes.
Rowan Atkinson è il mattatore in un film godibile ma non perfetto. La sua recitazione è senza dubbio la nota più positiva del film, e non c'è da meravigliarsi che sia così, vista la caratura dell'attore. Un plauso va anche a Willem Dafoe e al suo personaggio, un regista borioso di film d'essai che si trova in Francia per girare la pubblicità di uno yogurt e poi partecipare al festival del cinema.
Invece la regia un po' scricchiola nel finale. Non si avverte un crescendo quando il protagonista arriva a Cannes ed entra nel teatro dove è in corso la proiezione del film di Dafoe. Eppure gli sceneggiatori avevano messo a disposizione del regista materiale abbondante e di buon livello.
Un'altra cosa che non va è la parte affidata a Maxim Baldry. E' chiaro che nelle intenzioni degli autori questo giovanissimo attore avrebbe dovuto fare da spalla a Mr. Bean, ma il divario con Rowan Atkinson è incolmabile.
In sostanza questo Mr. Bean's Holiday è un buon film, godibile e divertente. Peccato solo per qualche sbavatura. Visto il livello attoriale di Atkinson, è giusto cercare anche il pelo nell'uovo nella produzione che lo attornia.

10 novembre 2024

Everest (2015)

 


Everest
Regia di Baltasar Kormákur
Con Jason Clarke, Josh Brolin, John Hawkes, Jake Gyllenhaal, Martin Henderson, Emily Watson, Robin Wright, Sam Worthington, Keira Knightley
USA, Gran Bretagna, Italia, 2015

Negli anni Novanta la scalata all'Everest si avviava a diventare la triste baracconata commerciale che ormai caratterizza l'ascesa alla cima più alta del mondo, con file di dozzine di alpinisti fermi in attesa di progredire verso la vetta come se fossero in coda per comperare il biglietto al cinema. "Everest" di Baltasar Kormákur è ambientato proprio all'alba di questo approccio alla montagna, quando nel 1996 varie agenzie di viaggi specializzate nelle scalate in alta quota organizzarono la scalata sulla vetta dell'Himalaya. Il film, basato su fatti realmente accaduti, è la storia delle spedizioni commerciali avvenute nella primavera di quell'anno, quando in seguito a una terribile tempesta morirono otto persone.
"Everest" è un film incompiuto, nel senso che dalla narrazione degli avvenimenti, portata avanti con piattezza e con una linearità disarmante e priva di guizzi, non emergono in maniera nitida i temi che gli autori avrebbero voluto sviluppare.
Nelle intenzioni del regista e degli sceneggiatori "Everest" avrebbe dovuto essere un film nel quale l'uomo cerca di dominare la natura - tentando di rendere l'ascesa alla montagna un'impresa alla portata di chiunque possa pagare - ma viene travolto dalla forza schiacciante degli elementi e punito per essere stato arrogante. Da questa situazione avrebbe dovuto emergere in maniera epica ed eroica uno degli alpinisti, martoriato ma vivo dopo avere trascorso una notte sepolto sotto la neve. Che questa avrebbe dovuto essere l'impostazione del film lo si riesce a intuire, ma il tutto si riduce a un baluginio e poco più.
La fotografia e gli effetti speciali non sono d'aiuto. Nonostante la bellezza selvaggia dell'ambientazione, il film non è sostenuto da una fotografia adeguata, che si riduce a qualche panoramica da album delle vacanze. Inoltre la rappresentazione della tempesta di neve ha il pathos di una nevicata qualunque in centro città.
La sceneggiatura, poi, contiene un elemento che manda all'aria la possibilità di provare ammirazione per il personaggio che si salva con le sue forze. Dopo avere saputo che è ritornato miracolosamente al campo base, la moglie dell'uomo, nella sua casa signorile negli Stati Uniti, fa una telefonata minacciosa all'ambasciata, pretendendo che un elicottero vada a prelevare il marito. La scena è mostrata al pubblico come se il regista volesse suggerire: "Guardate come si dà da fare la moglie, che muove mari e monti per salvare il marito! Anche questo vi fa capire che la situazione è al limite ed estremamente drammatica!". Beh, non è questo che viene suggerito.
Bisogna dire che nemmeno la storia originale è d'aiuto per confezionare un film in linea con le intenzioni degli autori. Quelli che erano saliti sull'Everest quel giorno del 1996 erano alpinisti che si erano messi in pericolo per via delle loro decisioni stupide e sconsiderate. Non si può provare empatia assistendo alle vicende di persone che se la vanno a cercare in modo così insistente. Forse è questa caratteristica della vicenda che rende il film così piatto, piatto come l'eeg dei protagonisti.