06 novembre 2024

Vermiglio (2024)

 


Vermiglio
Regia di Maura Delpero
Italia, Francia, Belgio, 2024

Vermiglio, diretto dalla bolzanina Maura Delpero, è un film ambientato durante le fasi finali della Seconda guerra mondiale a Vermiglio, un piccolo paese di montagna del Trentino.
L'approccio della Delpero è estremamente realistico, come si intuisce da subito dal fatto che sono stati chiamati a recitare degli attori non professionisti (a eccezione di Tommaso Ragno e Sara Serraiocco), i dialoghi sono nel dialetto locale e il film è stato girato esattamente nei luoghi in cui si svolge la vicenda. E' con realismo che viene ricostruito un mondo ormai distante anni luce da quello contemporaneo, ma del quale ancora oggi possono rimanere degli echi, sotto forma di racconti fatti da chi c'era allora a chi oggi c'è ancora (è un mondo di cui io personalmente ho sentito parlare ormai nel lontano passato, e con il quale ho quindi una sorta di famigliarità indiretta): un mondo fatto di famiglie numerose che pativano la fame, di alcolismo, di duro lavoro fin dall'infanzia, di fughe in altri continenti per la mancanza di cibo, di dispotismo all'interno delle famiglie, di morti premature nella culla, di impossibilità di studiare, di estremo fervore religioso, di danni provocati dalla guerra. Tutti questi elementi - in alcuni casi toccati di sfuggita e in altri casi messi al centro del film - sono presenti in vario modo nella pellicola, che è una ricostruzione attenta e accurata di come poteva essere la vita quasi un secolo fa in un paese di alta montagna del Trentino.
Il film non si limita a una ricostruzione quasi documentaristica di un mondo che non esiste più, e non è questo il suo scopo. Una volta elaborato quel mondo (anche attraverso la fotografia: le immagini dei paesaggi non strizzano mai l'occhio alla montagna come la intendiamo oggi, cioè affascinante e spettacolare; in "Vermiglio" la catena montuosa del gruppo della Presanella è inquadrata come un'immagine fissa che si scorge appena un po' aldilà della valle, come la vedono gli abitanti del paese, e nulla più), sono i personaggi che vengono fatti emergere con discrezione. La ricostruzione è funzionale in particolare a fare da sfondo alla depressione di Lucia Graziadei, la protagonista femminile interpretata da Martina Scrinzi. Non viene mai fatto cenno alla malattia di cui soffre, perché in quel mondo mancavano la sensibilità e la cultura per rendersi conto di cosa le succedesse, ma lo spettatore può capirlo, come può capire che i reduci dalla guerra soffrivano di disturbo post-traumatico da stress (assolutamente incompreso dai civili di allora), e che dietro al fervore religioso della sorella di Lucia c'erano passioni omosessuali inconfessate e forse incomprensibili per lei stessa.
Mi sembra che uno dei meriti del film sia di ricostruire un mondo disgraziato e pieno di disgrazie senza scivolare nel patetico e nello strappalacrime. Per quanto tutti i personaggi debbano affrontare delle prove davvero debilitanti, il film non è eccessivamente commovente, grazie all'occhio distaccato della regista.

Arabesque (1966)

 


Arabesque
Regia: Stanley Donen
Con Gregory Peck, Sophia Loren, Alan Badel, Kieron Moore
USA, 1966

Protagonista di Arabesque è un professore universitario specializzato nella decifrazione dei geroglifici che viene "assunto" con la forza per decrittare un messaggio cifrato. Da qui si ritroverà immischiato in un'intricata vicenda di spionaggio e doppi giochi, al fianco di un'affascinante Sophia Loren.
Il film deve molto alla lezione di Alfred Hitchcock, tuttavia non è affatto una copia e ha una sua anima. Pur collocandosi nel filone dello spionaggio e degli intrighi internazionali, la pellicola è contraddistinta da una marcata ironia che non scade mai nella farsa, neanche quando vengono proposte delle scene volutamente sopra le righe (i tentativi di uccidere i protagonisti con una palla da demolizione e con tre trebbiatrici).
Alcuni personaggi sono arabi, e forse per questo motivo è stato dato al film il titolo e soprattutto la forma di un arabesco, stile ornamentale è caratterizzato da elementi geometrici che si intrecciano in modo sinuoso e ripetitivo fino a formare un disegno intricato. Tale è l'ossatura del film, un intreccio sinuoso di doppi e tripli giochi su cui si dipana un arabesco cinematografico dal ritmo sostenuto.
Altra caratteristica del film da mettere in evidenza è l'uso della fotografia nella parte iniziale per creare un interessante gioco di specchi.
Arabesque è un film in linea con la tradizione e lo spirito del tempo che non dimostra però i segni dell'invecchiamento e del deperimento.

05 novembre 2024

I predatori dell'Arca perduta (1981)

 


I predatori dell'Arca perduta
Regia: Steven Spielberg
Con Harrison Ford, Karen Allen, Paul Freeman, Denholm Elliott, Ronald Lacey, John Rhys-Davies, Alfred Molina, Wolf Kahler, Anthony Higgins
USA, 1981

E' incredibile come cambia Indiana Jones quando si toglie gli abiti da compassato professore universitario di archeologia per trasformarsi in avventuriero armato di frusta. Gli abiti sono totalmente diversi, diventa sporco e sudaticcio, sul volto compare un'ombra di barba. Ovviamente un cambiamento così radicale non è casuale, ed è del tutto voluto e sottolineato dagli autori (Steven Spielberg alla regia, George Lucas e Philip Kaufman al soggetto, Lawrence Kasdan alla sceneggiatura). Indiana Jones deriva dagli eroi della letteratura pulp e un pochino forse dai fumetti di supereroi. Non ha un'identità segreta da proteggere, però i suoi studenti farebbero fatica a credere a cosa gli succede quando si trasforma in avventuriero. Come Clark Kent si toglie gli occhiali per diventare Superman, così Indiana Jones fa lo stesso per trasformarsi in uomo d'azione.
Le radici del personaggio sono queste, e Spielberg le rispetta in una pellicola roboante dove, sullo sfondo di uno scontro manicheo con i nazisti, si susseguono trappole, scontri, ritrovamenti di tesori, combattimenti e qualunque altro spunto possa offrire l'Avventura.
Da un giocattolone costruito con ricordi che hanno il sapore dell'infanzia, gli autori del film hanno tirato fuori un eroe iconico.
Se visto con l'occhio smaliziato di un adulto anziché con l'entusiasmo dell'infanzia, il film va tenuto in considerazione da chi è interessato al tema del recepimento dei fumetti da parte del cinema, non nel senso di un adattamento ma di una derivazione filogenetica.